giovedì 11 settembre 2025

Benessere psicologico e sessuale: l’importanza di allenare corpo e mente





Prendersi cura della propria salute significa considerare il benessere in tutte le sue dimensioni: fisica, psicologica e sessuale. Spesso, infatti, ci concentriamo solo sull’aspetto estetico o sulle performance sportive, trascurando che la mente e la sessualità sono parte integrante della nostra qualità di vita.

In questo articolo esploreremo il legame tra corpo, mente e sessualità, e come un approccio integrato possa migliorare la nostra salute globale.

Perché corpo e mente sono connessi

Allenarsi regolarmente non porta benefici solo al fisico. Lo sport e l’attività motoria aiutano a:

  • Ridurre stress e ansia

  • Migliorare la qualità del sonno

  • Stimolare la produzione di endorfine (gli “ormoni della felicità”)

  • Aumentare l’autostima e la fiducia in sé stessi

Il corpo diventa così lo specchio della mente: più ci prendiamo cura di noi, più mandiamo un messaggio positivo al nostro inconscio — “Io valgo e merito benessere”.

Sessualità e benessere psicologico: un legame indissolubile

La sessualità è un aspetto fondamentale della salute. Non riguarda solo il piacere, ma anche la possibilità di vivere relazioni sane, basate sulla consapevolezza e sul rispetto reciproco.

Una sessualità vissuta serenamente contribuisce a:

  • Rafforzare l’intimità nella coppia

  • Migliorare l’immagine di sé

  • Ridurre la solitudine e favorire connessioni autentiche

  • Accrescere la qualità della vita

Al contrario, trascurarla o viverla con ansia e vergogna può generare disagio psicologico e relazionale.

Un approccio integrato alla salute

Così come si allena il corpo in palestra, è possibile allenare anche la mente e la sessualità. Questo percorso passa attraverso:

  • Consapevolezza: imparare ad ascoltare i propri bisogni emotivi e sessuali.

  • Educazione: informarsi in modo corretto per superare tabù e false credenze.

  • Relazioni sane: costruire legami basati su rispetto, comunicazione e autenticità.

Allenare corpo, mente e sessualità significa vivere in equilibrio e raggiungere un benessere autentico.

Conclusione: il valore della cura di sé

La salute psicologica e sessuale non è un “lusso”, ma un diritto di tutti. È un cammino che si costruisce giorno dopo giorno, proprio come un allenamento.

Se vuoi approfondire questi temi o iniziare un percorso di crescita personale e relazionale, contattami per una consulenza. Insieme possiamo lavorare per costruire equilibrio, consapevolezza e benessere nella tua vita.

venerdì 5 settembre 2025

Relazioni: tra fatica e scelta

La verità è che le relazioni non sono mai semplici.
Dopo i primi fuochi d’artificio, quando tutto sembra fluire senza sforzo, arriva il momento del disincanto: il confronto con la quotidianità, con i limiti dell’altro e con i nostri stessi limiti. È lì che si gioca la partita più autentica dell’amore.

Ogni coppia, prima o poi, si trova davanti a un bivio: è possibile costruire un “noi” che non cancelli il “me”? Posso restare fedele a chi sono, ai miei bisogni e ai miei valori, mentre scelgo di camminare accanto a qualcun altro?

La fatica, di per sé, non è un nemico. Può diventare persino preziosa se sostenuta da rispetto, cura, sincerità e fiducia. Allora diventa il motore di un cambiamento condiviso, di un’intimità che cresce e si rinnova. Ma quando mancano questi elementi, la stessa fatica rischia di trasformarsi in logoramento, in un peso che spegne invece di nutrire.

In quei momenti serve coraggio.
Il coraggio di parlarsi davvero.
Il coraggio di cambiare insieme, se è possibile.
O il coraggio, a volte, di andare altrove, verso una strada che restituisca autenticità e dignità.

Amare non significa restare a ogni costo. Amare significa scegliere consapevolmente: scegliere l’altro, scegliere la relazione, scegliere anche sé stessi.

mercoledì 27 agosto 2025

Verso i 60 : disciplina corpo, mente e spirito

 



A 57 anni, il corpo diventa un maestro silenzioso. Ci invita ad ascoltarlo con più attenzione, a rispettare i suoi ritmi e a prenderci cura di lui non solo per rimanere “in forma”, ma per rimanere vivi in profondità.

Allenarmi oggi – che sia sollevando pesi in palestra o praticando karate, la mia via marziale da tanti anni – non è solo esercizio fisico. È un atto di presenza spirituale. Ogni movimento diventa meditazione, ogni gesto un dialogo tra energia, respiro e mente.

Stare in forma, alle soglie dei 60, significa scegliere la libertà: libertà di muoversi senza dolore, di vivere la sessualità con vitalità e autenticità, di mantenere la curiosità e l’entusiasmo di chi vuole ancora imparare.

Il karate mi ha insegnato che il corpo è un tempio e un compagno di viaggio. Attraverso la disciplina, il rispetto e la pratica costante, possiamo mantenere armonia tra corpo e spirito. E questa armonia non è un lusso estetico, ma la radice stessa della gioia e della pienezza relazionale, affettiva e sessuale.

Prendersi cura di sé, dunque, non è mai solo una questione di salute: è un cammino spirituale. È un modo per onorare il passato, preparare il futuro e vivere il presente con intensità.

Verso i 60, il corpo non chiede perfezione: chiede attenzione, rispetto e amore. Ogni allenamento, ogni scelta consapevole, ogni atto di cura è un dono che facciamo a noi stessi e alla vita che ci abita.


Quando la consapevolezza non basta

Molte persone sanno bene quanto sia importante prendersi cura del proprio corpo attraverso il movimento, l’attività fisica o la disciplina marziale. Eppure, nonostante la consapevolezza dei benefici, spesso si fatica a trasformare questa conoscenza in un’abitudine costante.

Non si tratta semplicemente di “mancanza di volontà”: molto spesso sono blocchi emotivi, convinzioni limitanti o fatiche psicologiche che impediscono di fare quel passo in più verso il cambiamento.


Il ruolo del supporto psicologico

In questi casi, un percorso psicologico può diventare un alleato fondamentale. Lo psicologo aiuta a:

  • Rafforzare la motivazione: trasformare il “so che mi farebbe bene” in un “lo faccio perché mi sento pronto”.
  • Gestire ansia e stress: spesso svuotano l’energia necessaria per prendersi cura di sé.
  • Affrontare insicurezze e paure: che possono bloccare non solo la pratica fisica, ma anche la libertà di vivere la propria intimità.
  • Riconciliare corpo e mente: imparando a percepire il corpo come un alleato, non come un limite o una fonte di giudizio.

Corpo, mente e sessualità: un equilibrio vitale

Quando il lavoro psicologico si intreccia con la cura fisica, i benefici non si limitano alla salute o all’estetica:

  • aumenta la fiducia in sé stessi,
  • cresce la serenità emotiva,
  • si libera la possibilità di vivere la sessualità in modo autentico, vitale e soddisfacente.

La sessualità, infatti, non ha età. È una risorsa che si rinnova quando viene nutrita di attenzione, rispetto e consapevolezza.


Un invito alla cura integrata

Prendersi cura di sé non è solo un atto di salute: è un vero e proprio cammino psicologico e spirituale.
Allenare il corpo e prendersi cura della mente significa scegliere la libertà: libertà di muoversi senza dolore, di amare senza paura, di vivere la sessualità con entusiasmo e autenticità.

Il tuo corpo è pronto a seguirti. È la tua mente che aspetta di essere liberata. Inizia oggi il tuo cammino di cura e scoperta. 

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domenica 20 luglio 2025

Persone medicina” o persone proiezione

 



Riflessione sulla responsabilità affettiva, la cultura della guarigione e il ruolo della cura professionale

Negli ultimi anni, sia sui social che nel mondo della spiritualità, della crescita personale e persino nella narrativa televisiva ed editoriale, sta emergendo con forza il concetto di “persona medicina”.
Una figura idealizzata, spesso descritta come capace – con la sola presenza – di “curare” le ferite emotive degli altri.

È un’immagine suggestiva, che risponde a un bisogno autentico: essere visti, accolti, compresi.
Ma come psicologo e educatore sessuale, mi interrogo su dove questa narrazione stia portando il discorso pubblico sul benessere mentale ed emotivo.

Quando la persona "cura"... ma non dovrebbe

In molti casi, più che di “persone medicina”, sarebbe più onesto parlare di “persone proiezione”: individui su cui carichiamo aspettative di salvezza, desideri profondi e irrisolti, nel tentativo – spesso inconsapevole – di non sentire la nostra vulnerabilità o inadeguatezza.

In questo scenario, anche la figura del caregiver – familiare, partner, amico che offre sostegno quotidiano – rischia di essere investita di un ruolo che non può e non deve sostenere: quello del terapeuta, del medico, del guaritore.
Il caregiver è una figura preziosa, umana, vicina.
Ma non può sostituirsi a chi è formato professionalmente per affrontare, contenere e trattare la sofferenza psichica fisica o relazionale.

L’amore non è una terapia

Spesso si confonde l’intensità emotiva o la connessione profonda con la possibilità di guarire l’altro.
Ma la cura – quella vera – non è un gesto romantico. È un processo clinico, faticoso, delicato, che richiede strumenti tecnici, supervisione, responsabilità etica e confini chiari.

Quando l’altro viene investito del compito di “guarirci”, si rischia di trasformare la relazione in una dinamica di dipendenza affettiva. E chi si trova “a curare”, spesso senza volerlo, può finire esausto, svuotato, oppresso da una missione impossibile.

La vera responsabilità? Cercare gli strumenti giusti

Le relazioni sane possono avere un potere trasformativo. Possono sostenere, motivare, nutrire.
Ma aiutare non è guarire.
E il primo passo verso una vera guarigione è riconoscere il proprio bisogno e chiedere aiuto ai professionisti giusti.

Psicologi, medici, personale sanitario: queste sono le vere “persone medicina”.
Non perché “salvano” o “curano con la presenza”, ma perché sono formati per farlo, perché conoscono le dinamiche profonde della sofferenza e sono in grado di accompagnare le persone dentro percorsi strutturati, sicuri e realistici.

In conclusione

La cultura della guarigione – oggi alimentata anche dalla TV, dai libri e dai social – ha il merito di aprire un dialogo sul dolore e sulla vulnerabilità. Ma va guidata con senso critico.

Non romanticizziamo il dolore.
Non trasformiamo l’amore in terapia.
Non carichiamo il prossimo del compito di guarirci.

Prendersi cura di sé è un atto di responsabilità.
E quando serve, il gesto più amorevole che possiamo fare verso noi stessi è affidarci a chi ha le competenze per accompagnarci davvero.

Le relazioni non sono medicine. La cura vera ha strumenti, confini e competenze.

martedì 24 giugno 2025

Essere vicini a un anziano alla fine della vita: come il supporto psicologico può fare la differenza.




Quando una persona cara invecchia e si avvicina alla fine della vita, è naturale sentirsi smarriti, impotenti o sopraffatti.      Le emozioni sono tante, spesso contrastanti: paura, tristezza, senso di colpa, desiderio di fare la cosa giusta. In questi momenti delicati, sapere di non essere soli è fondamentale.  Ho appena concluso un corso di aggiornamento dedicato all’accompagnamento psicologico dell’anziano nella fase finale della vita — un ambito in cui l’ascolto, la presenza e il rispetto diventano strumenti essenziali per offrire dignità e serenità a chi sta vivendo quest’ultima tappa.                                          

Come psicologo clinico esperto nella psicologia dell’anziano, posso aiutarti a: 
🔹 gestire il carico emotivo di questo momento 
🔹 comprendere i bisogni psicologici e relazionali del tuo caro 
🔹 favorire un dialogo profondo e rispettoso con lui 
🔹 creare uno spazio sicuro in cui l’anziano si senta accolto, ascoltato e sostenuto 

Spesso, una buona accompagnamento non cambia solo il modo in cui l’anziano vive questa fase… ma cambia anche il modo in cui i familiari la ricordano.

Se un tuo caro si trova in una fase delicata della vita e senti il bisogno di essere supportato, contattami. Insieme possiamo trovare il modo più umano e rispettoso per accompagnarlo, e per affrontare questo tempo con consapevolezza e presenza.


mercoledì 4 giugno 2025

Come il Porno Sta Riscrivendo l’Immaginario Sessuale delle Nuove Generazioni

 


Introduzione: 

“Se è così nei video, dev’essere così anche nella realtà... giusto?”

Oggi, per milioni di adolescenti e giovani adulti, il primo contatto con la sessualità non passa attraverso l’educazione scolastica, il dialogo familiare o la propria esperienza emotiva. Passa per il porno. E non un porno qualunque, ma una versione iper-accessibile, iper-esplicita e spesso lontanissima da qualsiasi forma di intimità autentica.

Cosa succede quando il porno diventa l’educazione sessuale di riferimento?

Il Porno Come Modello di Riferimento

In un'epoca in cui la sessualità è ancora spesso un tabù nei contesti educativi e familiari, il porno digitale diventa un “insegnante silenzioso”.
Secondo uno studio pubblicato su Archives of Sexual Behavior, oltre il 90% dei ragazzi tra i 13 e i 18 anni ha visto contenuti pornografici, spesso senza filtri o guida adulta.

Il risultato?
Molti giovani associano il sesso a performance, potenza, dominio o estetiche irreali, ignorando tutto ciò che riguarda il consenso, il rispetto, l’empatia, il piacere reciproco.


Il Cervello in Età Evolutiva e l’Impatto delle Immagini Pornografiche

Il cervello adolescenziale è in pieno sviluppo. Le aree che regolano il piacere, il desiderio e la dopamina sono particolarmente sensibili agli stimoli visivi.

Quando un ragazzo si abitua a eccitarsi solo con stimoli intensi e ripetitivi:

  • Può faticare a trovare eccitazione nella realtà fisica ed emotiva.

  • Può interiorizzare l’idea che la sessualità sia qualcosa da “fare”, più che da “vivere”.

In termini psicologici, parliamo spesso di "ipersessualizzazione cognitiva": un costante rumore di fondo erotico, che però rischia di essere scollegato da relazioni reali.


Che Tipo di Sessualità Sta Modellando?

Gran parte del porno mainstream mostra:

  • Ruoli stereotipati di genere (uomo attivo/dominante, donna passiva/sottomessa).

  • Atto sessuale meccanico, spesso privo di contesto affettivo.

  • Assenza di consenso esplicito o comunicazione.

Questo può indurre nei più giovani aspettative distorte:

“Se lei non urla di piacere, vuol dire che non sto facendo bene.”
“Lui deve sempre voler fare sesso, altrimenti c’è qualcosa che non va.”


Quando la Realtà Incontra la Delusione

Molti ragazzi e ragazze si trovano impreparati quando si confrontano con l’intimità reale:

  • Ansia da prestazione.

  • Imbarazzo verso il proprio corpo.

  • Difficoltà nel comunicare desideri e limiti.

In terapia, vedo spesso giovani uomini che si sentono inadeguati se non riescono a mantenere un’erezione “da film” o giovani donne convinte che il dolore o la sottomissione siano normali in una prima esperienza.


Cosa Possiamo Fare?

Non è il porno il problema, ma l’assenza di educazione sessuale critica.

Serve un’educazione che:

  • Spieghi la differenza tra fantasia e realtà.

  • Insegni il consenso, l’ascolto, l’intimità emotiva.

  • Normalizzi la varietà dei corpi, delle preferenze e dei ritmi.

Come Psicologo e Educatore Sessuale, il mio obiettivo non è demonizzare il porno, ma offrire strumenti per interpretarlo, comprenderlo e integrarlo, se scelto consapevolmente, in una sessualità sana.


 Conclusione: Serve una Nuova Narrazione

Se non saremo noi – genitori, educatori, terapeuti – a parlare di sesso, lo farà internet. Ma il web non educa, mostra.
Le nuove generazioni meritano di più: una sessualità libera, informata, empatica, non un copione da seguire in silenzio.




Ti senti confuso su cosa sia giusto o sbagliato in una relazione?

Ti capita di confrontarti con ansia, insicurezze o dubbi legati alla tua sessualità?

Non devi affrontare tutto da solo.

Ti chiedi quando e come parlare di sesso con tuo/a figlio/a?
Hai notato ansia, isolamento o confusione nei suoi comportamenti affettivi?

Il dialogo comincia anche da te.

Sono il Dott. Giuseppe Mirabella, Psicologo e Educatore sessuale. Aiuto famiglie, ragazzi e scuole a costruire relazioni sane.

Ricevo a Modica e online.

Prenota un primo colloquio su MioDottore
 

lunedì 2 giugno 2025

Quando andare dallo psicologo

Capire i segnali che ci indicano che è il momento di chiedere aiuto




"Ne ho davvero bisogno o sto solo esagerando?"

Questa è una delle domande che più spesso le persone si fanno prima di decidere di rivolgersi a uno psicologo. C’è ancora oggi l’idea che si vada dallo psicologo solo in casi “gravi”, quando in realtà il supporto psicologico è utile ogni volta che sentiamo che qualcosa ci sta limitando, preoccupando o togliendo serenità.

Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di responsabilità verso sé stessi.


Segnali comuni che indicano che potresti trarre beneficio da un supporto psicologico

  • Ti senti spesso ansioso/a, teso/a o in allerta
    Magari non riesci a rilassarti, hai il respiro corto, il cuore che accelera senza motivo, oppure vivi nel timore costante che succeda qualcosa di brutto.

  • Ti senti giù, stanco/a, senza energie
    L’umore basso, la mancanza di motivazione, il sentirsi "spenti" possono essere segnali di un disagio che ha bisogno di essere ascoltato.

  • Hai pensieri che non riesci a fermare
    Preoccupazioni continue, rimuginio, pensieri che ti tolgono sonno o concentrazione possono essere un campanello d’allarme.

  • Ti sembra di non riuscire a gestire le emozioni
    Ti arrabbi facilmente, ti senti sopraffatto/a, oppure ti sembra di non provare più nulla.

  • Stai vivendo un cambiamento o un evento difficile
    Una separazione, un lutto, un trasferimento, una malattia o un momento di forte stress possono metterci in crisi anche se “non sembra così grave”.

  • Hai difficoltà nelle relazioni
    Che sia in famiglia, in coppia, sul lavoro o con gli amici, quando qualcosa si inceppa nei rapporti con gli altri, spesso è utile guardare dentro di sé.


Non serve "toccare il fondo" per chiedere aiuto

Uno degli errori più comuni è pensare che bisogna stare malissimo per meritarsi il supporto di uno psicologo. In realtà, più si interviene presto, più il lavoro su di sé è efficace e meno faticoso.

Anche un breve percorso psicologico può aiutare a rimettere ordine nei pensieri, a leggere con più chiarezza ciò che si sta vivendo e a trovare nuove risorse.


E se non mi sento “abbastanza grave”?

Molte persone esitano a iniziare un percorso perché si confrontano con chi “sta peggio”. Ma non esiste una scala del dolore o del disagio: se qualcosa ti fa soffrire, ti preoccupa o ti limita, merita attenzione.

Lo psicologo non giudica, non dà soluzioni pronte, ma accompagna nella comprensione di sé, nell’ascolto delle emozioni e nella ricerca di nuovi equilibri.


Un primo passo può fare la differenza

Se ti riconosci anche in parte in quello che hai letto, forse è arrivato il momento di fare un primo passo. Non serve avere tutte le risposte. Spesso, iniziare a parlarne è già una parte della soluzione.

Ricevo a Modica (RG) e online.

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