mercoledì 4 giugno 2025

Come il Porno Sta Riscrivendo l’Immaginario Sessuale delle Nuove Generazioni

 


Introduzione: 

“Se è così nei video, dev’essere così anche nella realtà... giusto?”

Oggi, per milioni di adolescenti e giovani adulti, il primo contatto con la sessualità non passa attraverso l’educazione scolastica, il dialogo familiare o la propria esperienza emotiva. Passa per il porno. E non un porno qualunque, ma una versione iper-accessibile, iper-esplicita e spesso lontanissima da qualsiasi forma di intimità autentica.

Cosa succede quando il porno diventa l’educazione sessuale di riferimento?

Il Porno Come Modello di Riferimento

In un'epoca in cui la sessualità è ancora spesso un tabù nei contesti educativi e familiari, il porno digitale diventa un “insegnante silenzioso”.
Secondo uno studio pubblicato su Archives of Sexual Behavior, oltre il 90% dei ragazzi tra i 13 e i 18 anni ha visto contenuti pornografici, spesso senza filtri o guida adulta.

Il risultato?
Molti giovani associano il sesso a performance, potenza, dominio o estetiche irreali, ignorando tutto ciò che riguarda il consenso, il rispetto, l’empatia, il piacere reciproco.


Il Cervello in Età Evolutiva e l’Impatto delle Immagini Pornografiche

Il cervello adolescenziale è in pieno sviluppo. Le aree che regolano il piacere, il desiderio e la dopamina sono particolarmente sensibili agli stimoli visivi.

Quando un ragazzo si abitua a eccitarsi solo con stimoli intensi e ripetitivi:

  • Può faticare a trovare eccitazione nella realtà fisica ed emotiva.

  • Può interiorizzare l’idea che la sessualità sia qualcosa da “fare”, più che da “vivere”.

In termini psicologici, parliamo spesso di "ipersessualizzazione cognitiva": un costante rumore di fondo erotico, che però rischia di essere scollegato da relazioni reali.


Che Tipo di Sessualità Sta Modellando?

Gran parte del porno mainstream mostra:

  • Ruoli stereotipati di genere (uomo attivo/dominante, donna passiva/sottomessa).

  • Atto sessuale meccanico, spesso privo di contesto affettivo.

  • Assenza di consenso esplicito o comunicazione.

Questo può indurre nei più giovani aspettative distorte:

“Se lei non urla di piacere, vuol dire che non sto facendo bene.”
“Lui deve sempre voler fare sesso, altrimenti c’è qualcosa che non va.”


Quando la Realtà Incontra la Delusione

Molti ragazzi e ragazze si trovano impreparati quando si confrontano con l’intimità reale:

  • Ansia da prestazione.

  • Imbarazzo verso il proprio corpo.

  • Difficoltà nel comunicare desideri e limiti.

In terapia, vedo spesso giovani uomini che si sentono inadeguati se non riescono a mantenere un’erezione “da film” o giovani donne convinte che il dolore o la sottomissione siano normali in una prima esperienza.


Cosa Possiamo Fare?

Non è il porno il problema, ma l’assenza di educazione sessuale critica.

Serve un’educazione che:

  • Spieghi la differenza tra fantasia e realtà.

  • Insegni il consenso, l’ascolto, l’intimità emotiva.

  • Normalizzi la varietà dei corpi, delle preferenze e dei ritmi.

Come Psicologo e Educatore Sessuale, il mio obiettivo non è demonizzare il porno, ma offrire strumenti per interpretarlo, comprenderlo e integrarlo, se scelto consapevolmente, in una sessualità sana.


 Conclusione: Serve una Nuova Narrazione

Se non saremo noi – genitori, educatori, terapeuti – a parlare di sesso, lo farà internet. Ma il web non educa, mostra.
Le nuove generazioni meritano di più: una sessualità libera, informata, empatica, non un copione da seguire in silenzio.




Ti senti confuso su cosa sia giusto o sbagliato in una relazione?

Ti capita di confrontarti con ansia, insicurezze o dubbi legati alla tua sessualità?

Non devi affrontare tutto da solo.

Ti chiedi quando e come parlare di sesso con tuo/a figlio/a?
Hai notato ansia, isolamento o confusione nei suoi comportamenti affettivi?

Il dialogo comincia anche da te.

Sono il Dott. Giuseppe Mirabella, Psicologo e Educatore sessuale. Aiuto famiglie, ragazzi e scuole a costruire relazioni sane.

Ricevo a Modica e online.

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lunedì 2 giugno 2025

Quando andare dallo psicologo

Capire i segnali che ci indicano che è il momento di chiedere aiuto




"Ne ho davvero bisogno o sto solo esagerando?"

Questa è una delle domande che più spesso le persone si fanno prima di decidere di rivolgersi a uno psicologo. C’è ancora oggi l’idea che si vada dallo psicologo solo in casi “gravi”, quando in realtà il supporto psicologico è utile ogni volta che sentiamo che qualcosa ci sta limitando, preoccupando o togliendo serenità.

Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di responsabilità verso sé stessi.


Segnali comuni che indicano che potresti trarre beneficio da un supporto psicologico

  • Ti senti spesso ansioso/a, teso/a o in allerta
    Magari non riesci a rilassarti, hai il respiro corto, il cuore che accelera senza motivo, oppure vivi nel timore costante che succeda qualcosa di brutto.

  • Ti senti giù, stanco/a, senza energie
    L’umore basso, la mancanza di motivazione, il sentirsi "spenti" possono essere segnali di un disagio che ha bisogno di essere ascoltato.

  • Hai pensieri che non riesci a fermare
    Preoccupazioni continue, rimuginio, pensieri che ti tolgono sonno o concentrazione possono essere un campanello d’allarme.

  • Ti sembra di non riuscire a gestire le emozioni
    Ti arrabbi facilmente, ti senti sopraffatto/a, oppure ti sembra di non provare più nulla.

  • Stai vivendo un cambiamento o un evento difficile
    Una separazione, un lutto, un trasferimento, una malattia o un momento di forte stress possono metterci in crisi anche se “non sembra così grave”.

  • Hai difficoltà nelle relazioni
    Che sia in famiglia, in coppia, sul lavoro o con gli amici, quando qualcosa si inceppa nei rapporti con gli altri, spesso è utile guardare dentro di sé.


Non serve "toccare il fondo" per chiedere aiuto

Uno degli errori più comuni è pensare che bisogna stare malissimo per meritarsi il supporto di uno psicologo. In realtà, più si interviene presto, più il lavoro su di sé è efficace e meno faticoso.

Anche un breve percorso psicologico può aiutare a rimettere ordine nei pensieri, a leggere con più chiarezza ciò che si sta vivendo e a trovare nuove risorse.


E se non mi sento “abbastanza grave”?

Molte persone esitano a iniziare un percorso perché si confrontano con chi “sta peggio”. Ma non esiste una scala del dolore o del disagio: se qualcosa ti fa soffrire, ti preoccupa o ti limita, merita attenzione.

Lo psicologo non giudica, non dà soluzioni pronte, ma accompagna nella comprensione di sé, nell’ascolto delle emozioni e nella ricerca di nuovi equilibri.


Un primo passo può fare la differenza

Se ti riconosci anche in parte in quello che hai letto, forse è arrivato il momento di fare un primo passo. Non serve avere tutte le risposte. Spesso, iniziare a parlarne è già una parte della soluzione.

Ricevo a Modica (RG) e online.

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